Chiesa Matrice
La Chiesa Matrice, simbolo della religiosità di Mesagne, sorge sul nucleo più antico dell’abitato.
Presenta l’aspetto conferitole dal suo progettista nel XVII secolo, l’architetto e chierico mesagnese Francesco Capodieci che ne curò la ricostruzione.
L’edificio più antico potrebbe essere stato edificato nel XIV secolo sotto Roberto D’Angiò, oppure nel XV secolo con il feudatario GiannAntonio Del Balzo Orsini, ma non si hanno documenti che possano confermare queste ipotesi.
Gli storici locali ci danno invece riferimenti precisi riguardo a tre periodi in particolare.
Il primo negli anni tra il 1577 ed il 1587, anni in cui la chiesa subì degli ampliamenti del coro e della sagrestia.
Il secondo, tra il 1649 ed il 1660, anni nei quali fu ricostruita su progetto dell’architetto Francesco Capodieci subito dopo il crollo avvenuto per cause sconosciute. Sappiamo anche che l’Università di Mesagne acquistò nel 1654 il vecchio palazzo vescovile ormai pericolante per far posto all’attuale campanile e sagrestia.
Il quel periodo il feudo di Mesagne apparteneva alla famiglia De Angelis che contribui in maniera significativa a modificare il volto medievale della città con la costruzione della chiesa di Sant’Anna, la creazione della antistante piazza e con la ristrutturazione del Palazzo Baronale.
Tra il 1660 ed il 1670 la nuova chiesa fu completata con il coro ligneo, gli altari ed i dipinti in gran parte eseguiti dall’artista mesagnese Gianleonardo Cunavi.
Per quasi un secolo le linee della collegiata non subirono modifiche sino al terremoto del 20 febbraio 1743 che provocò ingenti danni in tutta la Terra d’Otranto.
Il terzo periodo quindi e quello degli anni tra il 1766 ed il 1770, quando a causa dei danni subiti dal terremoto del 1743 si resero necessari significativi interventi.
Su progetto dell’ingegnere di Monopoli Giuseppe Palmieri si diede vita alla attuale copertura a volta e non più a tavolato.
Dopo la copertura a volta diverse maestranze si alternarono per eseguire all’interno le decorazioni a stucco, l’altare principale in marmi policromi, gli arredi lignei, gli altari laterali e numerose tele.
Per gli stucchi furono chiamati i mastri stuccatori napoletani Pasquale Faiella, Michele Garofalo e Saverio Mazzarella.
Gli arredi lignei, del 1773, sono dei mastri falegnami mesagnesi Rocco Leopardi, Innocenzo Rizzo e Carmine de Mitri.
L’organo invece è del 1777 realizzato dal maestro Giovanni Valle.
Ma ritornando al progetto di Francesco Capodieci, la chiesa Matrice si può considerare una delle opere più originali e significative del barocco leccese. In questa chiesa, architettura e scultura sono sapientemente dosate, soprattutto nella facciata, dall’impianto maestoso.
Questa presenta tre ordini scanditi da paraste rispettivamente ioniche, corinzie e composite; interrotte da tre trabeazioni, la prima porta la dedica dell’edificio.
Vi sono poi nicchie con sculture degli apostoli, un bassorilievo della Madonna del Carmine e lo stemma della città. Il portale è sormontato dalle statue di Sant’Eleuterio (S. Oronzo?), Anthia e Corebo. Il tutto è chiuso da un grande frontone, su cui spioventi di elevano i quattro angeli che guardavano il Cristo Risorto demolito nell’800 perchè danneggiato.
L’interno presenta una pianta a croce latina ad unica navata.
L’aula è coperta da volta ogivale, alleggerita da lunette a sesto acuto nelle quali sono racchiuse le finestre che illuminano tutta la chiesa.
Nell’incrocio della navata col transetto, si eleva, su quattro pennacchi, la cupola.
Presbiterio e coro sorgono in posizione elevata rispetto alla navate e sotto di essi si trova la cripta, cui si accede grazie ad un elegante scala con balaustra.
Il coro, con gli stalli in legno settecenteschi, rappresenta ormai un unicum in Mesagne, essendo andati perduti, per vicende sconosciute, i cori delle altre chiese.
Tra le colonne sono racchiuse le cappelle, dotate di altari in pietra.
La maggior parte delle tele sono successive alla realizzazione degli stucchi, altre invece precedenti vennero adattate come ad esempio la tela raffigurante Sant’Oronzo che protegge la città. Particolarmente significativa da un punto di vista storico questa tela perchè ci restituisce un’immagine del borgo fortificato come appariva nel ‘600.
Venne adattata anche la grande tela con l’Adorazione dei pastori, realizzata da Gian Pietro Zullo (Mesagne 1557-1619), completata da Andrea Cunavi (Mesagne 1586 – Ostuni 1626) ed ampliata da Domenico Pinca (Mesagne 1746-1813).
Di pregio la tela del del pittore napoletano Giuseppe Bonito, raffigurante la Madonna del Carmine.
Del 1772 poi la tela con l’Assunzione di Maria di Saverio Lillo (Ruffano 1708-1789).
Del mesagnese Domenico Pinca invece sono le tele con l’Ultima Cena, il Martirio di S. Pietro, e Cristo che scaccia i mercanti dal tempio.