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  • Complesso Archeologico di Vico Quercia

Complesso Archeologico di Vico Quercia

Necropoli Ellenistica

Virtual Tour

Virtual Tour immersivo a 360° del complesso archeologico di Vico Quercia.

Il complesso archeologico di Vico Quercia, situato nella parte più alta della città, rappresenta il nucleo più antico di Mesagne. Come si dirà più dettagliatamente in seguito, le campagne di scavo hanno consentito di raccogliere reperti della frequentazione di questa area dall’età del ferro (VIII sec. a.C.) sino al tardo medioevo.

Restano poche testimonianze del villaggio iapigio ma è ben visibile parte della necropoli di età ellenistica. Gli edifici medievali invece, sono stati sostituiti da quelli settecenteschi ancora oggi esistenti.

Mesagne il Villaggio Iapigio

Un villaggio di capanne con attorno un imponente muro di fortificazione, così si presentava Mesagne 2700 anni fa, nell’età del ferro, quando iniziò la sua storia.

Età del ferro, età di approdi e conquiste da parte dei greci in tutta l’Italia Meridionale: Taras (Taranto) fu fondata proprio allora. E furono proprio i greci a dare un nome agli abitanti di quell’antichissima Puglia, chiamandoli iapigi.

Il villaggio iapigio di Mesagne occupava l’area dell’attuale centro storico, nella zona compresa tra Porta Grande e Piazza Mercato (Piazza dei Commestibili). Al suo interno vivevano per lo più famiglie di cacciatori, contadini e pastori in grado di produrre armi, utensili in metallo e vasellame d’impasto grossolano: l’occorrente, insomma, per soddisfare le esigenze quotidiane.

Le capanne del villaggio, i cui resti sono andati perduti nei secoli, erano di fattura modesta: un muretto di pietre a secco sormontato da un semplice tetto di canne e frasche, sostenuto da pali di legno. Al centro della capanna stava il focolare, mentre l’esterno era destinato alla produzione artigianale, all’allevamento domestico degli animali e alla trasformazione dei prodotti agricoli.

In questi spazi si trovavano dunque piccole fornaci rudimentali, macine e, ovviamente, recinti per proteggere le bestie.

Il ritrovamento di stele antropomorfe in pietra lascia pensare che nel villaggio fosse in uso la pratica di innalzare queste lapidi funerarie in onore dei defunti di alto rango. Stele come quella posizionata nell’area archeologica avete davanti (riproduzione), ritrovate a Mesagne e nel Salento (dove, in realtà, si suppone che i corpi venissero cremati), riportano spesso sulla superficie simboli come carri, cavalli e giavellotti, emblemi del potere militare della classe aristocratica.

Mesagne in età ellenistica

I Messapi erano un’antica popolazione che abitava in un’area corrispondente all’attuale penisola salentina. I caratteri di questa civiltà (accanto a quella dei Peucezi e dei Dauni) si delineano nel VI secolo avanti Cristo, quando i piccoli villaggi di capanne dell’età del Ferro vengono sostituiti da abitati più complessi. A partire da questo periodo, le case vengono realizzate con muri di pietre a secco e coperte con tetti di tegole in argilla, le strade diventano più larghe, mentre fanno la loro comparsa le prime botteghe artigianali, luoghi di culto e spazi destinati alla sepoltura dei defunti. Successivamente, in età ellenistica (IV-III secolo avanti Cristo), un forte incremento della popolazione produce una significativa espansione di questi insediamenti, con la realizzazione di nuovi quartieri spesso inglobati all’interno di imponenti cinte murarie. Non si conoscono le caratteristiche dell’insediamento messapico di Mesagne, ma è possibile ipotizzare che i nuclei residenziali fossero separati da ampi spazi vuoti destinati ad ospitare piccoli luoghi di culto, necropoli ed attività agro-pastorali su piccola scala.

Nel Complesso Archeologico di Vico dei Quercia, sono stati scoperti i resti di una strada di età ellenistica, parallela al muro di fortificazione del precedente villaggio dell’età del Ferro.

La strada, che proseguiva in direzione di Piazza IV Novembre e che in parte è stata rinvenuta al di sotto dell’edificio, era fiancheggiata da una serie di tombe a semicamera (Necropoli di via Castello), mentre, al di là del tratto di fortificazione dell’età del Ferro, sono stati ritrovati alcuni blocchi squadrati in calcalarenite interpretati come i resti di un luogo di culto (recinto sacro).

La necropoli messapica di via castello
Storie, oggetti e nomi da un passato remoto: ecco cosa ha restituito l’area archeologica di via Castello. Pur depredate nel 1882, tutte e sei le tombe messapiche ritrovate in questo luogo (databili tra il III e il II secolo avanti Cristo) raccontano molto della Mesagne più antica.
Scavate interamente nella terra e rivestite di lastroni di calcare, al loro interno le tombe sono intonacate e dipinte. La loro storia è strettamente legata alla strada che in età ellenistica attraversava l’insediamento da nord a sud.
In particolare la Tomba 1 custodisce un elemento molto interessante, un piccolo vano – un ossario, contiene i resti di precedenti deposizioni – che comunica con la camera sepolcrale tramite una porticina girevole in pietra.
La Tomba 2, adiacente alla prima, riporta in vita un nome: Paivas Kebeirixoas, inciso su una delle pareti interne, doveva essere un uomo di rango elevato vissuto nel III secolo avanti Cristo.
La Tomba 3, invece, rinvenuta al civico 17 di Vico Quercia e ricoperta subito dopo le indagini, ha restituito un’altra iscrizione messapica: Platoras Xoranneihi, anche lui probabilmente un uomo d’alto rango vissuto nello stesso periodo di Pavias. Come spesso accadeva nel mondo messapico, questa Tomba era stata utilizzata per seppellire più defunti. Depredata nel medioevo, presentava comunque un ricco corredo composto, tra le altre cose, da un bacino in bronzo, una corona funeraria con foglie d’oro, un anello d’oro con castone dorato con la figura di Nike e un vaso a forma di pantera, animale sacro a Dioniso.

Tutti i reperti rinvenuti in quest’area sono esposti presso il MATER Museo del Territorio “Ugo Granafei” a pochi passi dall’area archeologica.

Mesagne nel Medioevo, il vicinato del Pendino

A cavallo tra IX e XVI secolo, la storia di Mesagne conosce una grande evoluzione in cui vicende locali e storia globale si intrecciano senza sosta. Partiamo dall’Alto Medioevo: nel IX secolo il territorio pugliese passa sotto il controllo dell’Impero Romano d’Oriente.
I bizantini organizzano la difesa del territorio attorno ai centri più importanti come Brindisi e Oria. Il paesaggio è ora disseminato di piccoli villaggi rurali detti chorìa o loci: tra questi, nel X secolo, c’è anche Meganghe, la cui prima attestazione risale al 947, quando l’abate di San Vincenzo al Volturno (abbazia benedettina nei pressi di Isernia) consegna al funzionario imperiale di Bisanzio alcuni possedimenti del monastero presenti nel territorio di Oria. In questo periodo l’area del Complesso di Vico Quercia viene interessata da sepolture, probabilmente parte di un cimitero gravitante attorno ad una piccola chiesa ubicata nei pressi dell’attuale Chiesa Matrice.
Tra queste, si segnala la tomba di un bambino morto tra il primo e il terzo anno d’età, composta da lastre di calcare disposte di taglio. Nel XIII secolo Mesagne viene citata nelle fonti in qualità di castrum (un abitato protetto da una fortezza), ma è solo nel XV secolo che l’area del centro storico assume l’attuale fisionomia. In questo periodo, infatti, incombe sempre più minaccioso l’Impero Ottomano guidato da Maometto II, il quale, dopo aver conquistato Costantinopoli (1453) e ad aver annesso la Grecia (1456), si prepara all’invasione dell’Italia.
Probabilmente sono queste le ragioni che spingono la famiglia feudataria dei Del Balzo Orsini a prevedere il potenziamento delle strutture difensive del Castello, proteggendo l’abitato con una cinta muraria munita di ventidue torrette e servita da due porte di accesso. Intorno alla metà del XVI secolo, l’area del Complesso Archeologico di Vico Quercia ricade in un quartiere noto come Vicinato del Pendino sede di attività artigianali e produttive legate al castello, residenza della famiglia feudataria. Le caratteristiche planimetriche dei muri di fondazione dell’edificio rinvenuto, le ampie aperture fra i diversi ambienti e la presenza di numerosi silos, consentono di ipotizzare che queste strutture potevano essere parte integrante di un unico grande magazzino (per olio, vino e cereali) che, alla fine del XVI secolo, risulta di proprietà del ricco commerciante Giovanni Corciulo.

Testi a cura di Impact Cooperativa
Ricostuzioni 3D Impact Cooperativa – Massimiliano Passarelli
Disegno di Mesagne nel medioevo – Enzo Camassa

Necropoli Ellenistica (VR360)


Tomba a semicamera (VR360)