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Basilica della Vergine SS. del Carmelo

La basilica santuario del Carmine, sorta su un precedente luogo di culto ipogeo dedicato a San Michele Arcangelo, è un edificio sacro dalle forme gotiche-angioine. All’esterno la struttura si conserva quasi integralmente nella redazione originaria, nonostante le numerose trasformazioni che ha subito nel corso dei secoli che hanno modificato in parte l’impianto medievale. All’interno della chiesa, su uno degli altari, si conserva una epigrafe che riporta la data del 1305, che costituisce un terminus post quem per la costruzione dell’edificio, originariamente dedicato all’Arcangelo Michele e, solo successivamente all’insediamento dei Carmelitani a Mesagne, avvenuto nel 1521, consacrata alla Vergine del Monte Carmelo. Nel XVI secolo la chiesa, abbandonata e in rovina, fu restaurata dai Padri Carmelitani e da quel momento la struttura architettonica rimase sostanzialmente la stessa, mentre nella metà del Seicento furono realizzati gli altari barocchi e le decorazioni interne.

La chiesa conserva ancora oggi l’impianto planimetrico medievale a navata unica terminante ad est con abside semicircolare, cui corrisponde, sul lato opposto il portale semilunato. Esternamente l’ingresso e il lato sud sono percorsi da sottili paraste o semi-paraste che terminano con archetti ciechi; si conserva il portale secondario lunettato e tamponato e i segni di un portico o loggiato, addossato al muro meridionale, forse destinato all’accoglienza dei pellegrini. Il portale in facciata presenta una ricca decorazione scultorea di ascendenza tardo normanna con influssi orientali, caratterizzata da una triplice ghiera decorata con motivi vegetali (pigne e palmette) e protomi umane. Di particolare rilievo sono due figure umane, una femminile e l’altra maschile che danno vita a tralci vegetali da cui sporgono figure zoomorfe. Sull’architrave del portale campeggia l’Agnus Dei, sormontato da una lunetta affrescata con la figura dell’Arcangelo Michele. All’interno, in controfacciata, si conservano frammenti di affresco originari, in cui è possibile riconoscere, da un lato, una figura di arcangelo ad ali spiegate, affiancata da una Vergine con bambino, dall’altro l’immagine di una santa incorniciata in un arco decorato a palmette.

La chiesa medievale era coperta da un tetto a capriate lignee e laterizi, andato probabilmente perduto durante l’incendio del 1854. La copertura a volta a botte in pietra visibile ancora oggi, fu costruita invece nel 1869, unitamente alla nuova pavimentazione in maiolica sostituita negli anni ‘70, a seguito di una inondazione. Per sostenere la nuova copertura in pietra, più pesante della precedente, furono rinforzate le murature della chiesa medievale, coprendo le antiche colonne con capitelli foliati, con una serie di pesanti pilastri ad arcate aperte e aggiungendo le decorazioni a stucco. All’interno sono presenti nove cappelle laterali tra le quali si trova la cappella dedicata alla Vergine del Carmelo contenente il quadro ligneo, opera del maestro Francesco Palvisino da Putignano.

La grotta di San Michele Arcangelo

Nell’ottobre del 1975 un violento temporale provocò l’allagamento di tutto il rione della chiesa del Carmine, provocando l’apertura di una enorme voragine nel pavimento della chiesa. Fu così portata alla luce una grotta, la cui esistenza era nota dalla storiografia locale ma mai localizzata, insieme a sepolture di infante e cripte che occupavano la navata centrale.

La grotta di origine naturale, lunga circa 20m e larga 6m, fu inizialmente utilizzata come luogo di culto dedicato all’Arcangelo Michele come dimostra l’affresco, conservato nella parte più sacra della grotta, che ritrae la testa di un drago trafitta da una lancia. Altri brani di affresco decorano l’ambiente riutilizzato più volte nel passato; in particolare si conservano, al centro dell’arco che divide la grotta in due ambienti, le tracce della figura dell’Arcangelo, tra gli stemmi delle famiglie committenti l’opera, probabilmente Stendardo e Braida, o de Braida, di origine francese, giunte in Italia meridionale al seguito degli Angioini. Nell’angolo meridionale del primo ambiente si conserva, inoltre, una piccola figura umana con turbante o cuffia, probabilmente una donatrice o committente, dipinta ai piedi di una figura di santo più grande e affiancata da un volatile bianco. Probabilmente già nel XVI secolo, il luogo di culto fu convertito in cripta ad uso dei monaci Carmelitani; la grotta naturale fu coperta con una volta in pietra tufacea e ai lati dei muri furono realizzati dei sedili in pietra. La cripta fu quindi utilizzata come ossario. Al momento della sua scoperta era ricolma di resti umani e oggetti di ornamento personale dei defunti, quali croci e medagliette devozionali. Per mettere in sicurezza la cripta fu realizzato un corposo consolidamento della copertura e bloccato l’accesso alla parte più interna della grotta.

(360VR)